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STATEMENT


Quale forza spinge l’essere umano a circondarsi di cose senza un fine pratico, e come sceglie, tra queste, quali investire di senso? Questa ossessione si traduce, all’interno del mio lavoro, in un senso di attaccamento e di appartenenza che si irradia in molteplici direzioni, determinandolo come una collezione personale dai molti sentieri. Gli argomenti trattati, attraverso la serialità e l’archivio come espedienti, sono accomunati da un forte collegamento al mio vissuto, sia che riguardino storie prettamente personali sia, d’altro canto, racconti paralleli verso cui percepisco una vicinanza emotiva. Al contempo, lo stesso atto del disegnare, dell'apporre una mia gestualità, è sottomesso all’agire diretto delle proprietà del media utilizzato; sottraendomi, così, dal processo di realizzazione, è la materia stessa ad influire sul processo artistico, restituendo un risultato infedele, “impoverito”, una copia filtrata del reale.
Da questo procedimento di sottrazione, le caratteristiche fisiche e materiali del soggetto originale si perdono: rimane la traccia di un’idea, una "scaletta" in cui l’osservatore può facilmente identificarsi e apporre una sua personale narrazione. Questa tendenza verso una modalità di rappresentazione oggettiva e distaccata (che si tramuta cosi in “presentazione”) ma allo stesso tempo fortemente indagatoria, assieme alla fossilizzazione e all’immobilismo delle componenti fluide del racconto, tramuta il protagonismo implicito in un denominatore comune palpabile; il ricordo personale entra a far parte della memoria collettiva e assume un carattere universale.


© 2020 Giorgia Agnese Cereda